Italiano come seconda lingua: consonanti raddoppiate

Ecco un altro scoglio: ci vorrà la doppia o non ci vorrà?

Generalmente soccorre la pronuncia; nessun scolaro scriverebbe infatti “mama, babo, nono”, ma molti scolari scrivono tranquillamente “sopratutto e dinnanzi” anziché soprattutto e dinanzi.

E’ difficile dare una regola; tuttavia, se sei meridionale, ricorda che g e z non si raddoppiano dinanzi alla terminazione -ione: si scrive ragione e non “raggione”, razione e non “razzione”; parimenti non si raddoppia la b davanti alla terminazione -bile: si scrive contabile e non “contabbile”, nubile e non “nubbile” e così via.
Se sei veneto, poiché il tuo orecchio ti indurrebbe a non raddoppiare mai, sfoglia il dizionario ogni qual volta ti sorgerà un dubbio!

– Luisa Monti, Grammatica e vita, Loescher 1973

Lascia un commento

Comments (

4

)

  1. fabrizio

    Credo tuttavia che ‘dinanzi’ ammetta la grafia geminata ‘dinnanzi’. Per quanto riguarda la terminazione -ione quando segua l’ultima consonante dell’alfabeto, la forma scempia è solo frutto di una convenzione che tra l’altro non ha un reale riscontro nella lunghezza del suono, che all’orecchio appare comunque lungo, cioè come se di doppia si trattasse.
    Leggo che hai partecipato a salotti letterari a Milano. Potrei chiederti dove e quali hai frequentato? Ne ho in progetto uno anch’io. Sono studente alla statale di Milano. Ciao

  2. fabrizio

    Credo tuttavia che ‘dinanzi’ ammetta la grafia geminata ‘dinnanzi’. Per quanto riguarda la terminazione -ione quando segua l’ultima consonante dell’alfabeto, la forma scempia è solo frutto di una convenzione che tra l’altro non ha un reale riscontro nella lunghezza del suono, che all’orecchio appare comunque lungo, cioè come se di doppia si trattasse.
    Leggo che hai partecipato a salotti letterari a Milano. Potrei chiederti dove e quali hai frequentato? Ne ho in progetto uno anch’io. Sono studente alla statale di Milano. Ciao

  3. ENTJ

    “E’ difficile dare una regola”, scrive Luisa Monti.
    No, è impossibile dare una regola.
    Ed è anche futile tentare di farlo.
    C’è chi che crede che i linguaggi naturali siano solide costruzioni logiche dedotte da assiomi rivelati da Dio e poi trascritti in libri che si chiamano grammatiche. Libri che per la loro sacralità sono venerati nei nostri programmi ministeriali come oggetti di culto contenenti verità metafisiche.
    Mi piace pensare che codesti estimatori sfoglino il sacro libro nelle serate invernali, davanti al caminetto, con la compiaciuta soddisfazione di chi constata che il mondo è il luogo logico e intelligibile che i Greci sognavano. I più coraggiosi poi, di tanto in tanto, si accostano con qualche brivido all’appendice dei verbi irregolari, che considerano probabilmente la prova tangibile dell’esistenza del diavolo.
    Consola almeno il fatto che il Maligno si sia accanito con le sue fastidiose eccezioni non solo sull’idioma italico, ma su tutte le lingue di tutte le epoche, con pignolissima regolarità e instancabile zelo.