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12 regole per una Rai più imparziale

Quelle che seguono sono dodici semplici regole che pensavo di proporre alla Rai affinché vengano incorporate nel suo statuto. Mi rendo conto che sono scritte un po’ di getto(1) e che sono un po’ troppo avanti, quale delle televisioni oggi presenti al mondo avrebbe il coraggio di inserire roba del genere nel suo statuto(2)?

1. L’imparzialità è e deve rimanere il marchio di garanzia della Rai in quanto principale fornitore di informazioni e divertimento in Italia, ed in quanto importante emittente a livello internazionale. Viene richiesto dalla legge, ma deve anche essere motivo d’orgoglio.

2. L’imparzialità è una parte essenziale del contratto tra la Rai e i suoi spettatori, che possiedono e finanziano la Rai. A causa di questo, gli spettatori stessi dovranno essere spesso un fattore nella determinazione dell’imparzialità.

3. L’imparzialità deve continuare ad essere applicata alle questioni riguardanti controversie politiche o industriali. Ma nell’odierno e diversificato panorama politico, sociale e culturale richiede una più ampia e profonda applicazione.

4. L’imparzialità richiede larghezza di vedute e può essere distrutta dall’omissione. Non si trova necessariamente a metà strada.

5. L’imparzialità non è una scusa per una programmazione insipida. Lascia spazio a giudizi corretti e basati sui fatti di giornalisti e documentaristi esperti, e ad argomenti controversi, appassionati e polemici di collaboratori e scrittori.

6. L’imparzialità si applica su tutte le piattaforme Rai e in tutti i tipi di programmazione. Nessun genere è escluso. Ma il metodo in cui è applicata e valutata può variare nei diversi generi.

7. L’imparzialità è ovviamente più a rischio nelle aree di aspra controversia pubblica. Ma c’è un rischio meno visibile, che richiede particolare vigilanza, quando i programmi pretendono di riflettere il consenso per il “bene comune” o sono coinvolti in campagne.

8. L’imparzialità spesso non è semplice. Non c’è un modello di saggezza in grado di eliminare feroci dibattiti interni su dilemmi complessi. Ma l’esperienza giornalistica della Rai è una risorsa inestimabile da cui tutti i dipartimenti possono attingere.

9. L’imparzialità può spesso dipendere dalla posizione e dall’esperienza di chi scrive i programmi, che hanno bisogno di esaminare e sfidare in modo costante costante le loro stesse assunzioni.

10. L’imparzialità richiede che la Rai esamini i propri valori istituzionali, e valuti l’effetto che hanno sui suoi spettatori.

11. L’imparzialità è un processo, sul quale la Rai deve essere onesta e trasparente con i suoi spettatori: questo deve permettere il massimo coraggio nelle decisioni che riguardano i programmi. Ma l’imparzialità non può mai essere raggiunta con la soddisfazione di tutti: la Rai non deve essere sulla difensiva su questo ma pronta a riconoscere e correggere le deviazioni significative quando e se si verificano.

12. L’imparzialità è richiesta in tutte le figure coinvolte nella produzione. Si applica dal più giovane stagista al direttore generale. Ma gli editori ed i produttori esecutivi devono dare un esempio forte nei loro gruppi. Devono assicurarsi che il processo dell’imparzialità inizi al concepimento di un programma e continui durante tutta la produzione. Se lasciata alla fase di approvazione finale, di solito è tardi.

(1) Questo solo perché le ho tradotte da qui, e io NON SO tradurre dall’inglese.
(2) La BBC, naturalmente.

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